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Le A.s.d. non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, ma hanno l’onere della prova

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Il riconoscimento formale da parte del CONI non è sufficiente per usufruire dei benefici fiscali riservati alle associazioni sportive dilettantistiche (Asd). La Cassazione, con l’ordinanza n. 60 del 3 gennaio 2025, ha chiarito che l’associazione è tenuta a fornire la prova dell’effettivo esercizio di un’attività senza fine di lucro, oltre alla semplice iscrizione al registro del CONI.

Nel caso trattato, l’associazione aveva ricevuto avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, che le disconoscevano la natura di ente non profit e le imponevano il regime fiscale degli enti commerciali, in quanto non risultava un adeguato svolgimento delle attività senza fine di lucro. Gli accertamenti si basavano su elementi indiziari, come la mancata partecipazione degli associati alla vita dell’associazione, la promozione commerciale di lezioni di equitazione a prezzi scontati e la gestione societaria inadeguata, con commistioni tra il personale e il presidente. Inoltre, era stata riscontrata l’assenza di documentazione trasparente sulla gestione dell’associazione.

La Cassazione ha sottolineato che l’iscrizione al CONI non basta a giustificare l’esenzione fiscale, ma l’associazione deve dimostrare di rispettare i principi statutari e di non perseguire scopi di lucro. In particolare, è stato ribadito che, ai fini delle agevolazioni tributarie, l’esenzione d’imposta prevista dall’articolo 148 del DPR 917/86 dipende dal concreto svolgimento di attività senza fini di lucro e non solo dal riconoscimento formale, come nel caso dell’affiliazione al CONI.

In sintesi, l’onere della prova ricade sull’associazione, che deve dimostrare concretamente di operare come ente non profit, in linea con le disposizioni statutarie e con la trasparenza gestionale.

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