Il caso descritto riflette un’importante evoluzione giurisprudenziale in merito all’uso di agenzie investigative per il controllo dei dipendenti, in particolare riguardo al bilanciamento tra il diritto del datore di lavoro di proteggere i propri interessi e i diritti fondamentali del lavoratore, come la dignità e la privacy.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25287 del 2022, ha stabilito che, sebbene il datore di lavoro possa utilizzare investigatori privati, questo non può essere fatto in modo da incidere direttamente sull’attività lavorativa del dipendente, ovvero non può essere finalizzato a monitorare il comportamento del lavoratore durante l’orario di lavoro, al di fuori delle specifiche circostanze previste dalla legge (come sospetti di illeciti penalmente rilevanti).
In particolare, la Corte ha fatto riferimento alla necessità di rispettare i limiti imposti dallo Statuto dei Lavoratori, che tutela la privacy del dipendente e limita il controllo dell’attività lavorativa al solo datore di lavoro e ai suoi collaboratori, esclusivamente per ragioni legate all’efficienza lavorativa. Il controllo tramite agenzie investigative, pertanto, può essere considerato legittimo solo se finalizzato a verificare illeciti di natura penalmente rilevante, come nel caso di comportamenti che implichino un conflitto di interesse o una violazione grave della normativa.
Inoltre, la sentenza sottolinea che, nel caso in questione, l’utilizzo dell’investigazione era avvenuto per monitorare una violazione dei permessi da parte di una collega del dipendente, ma l’attività investigativa si era estesa anche al dipendente stesso, il che ha portato alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento. La Corte ha anche evidenziato l’importanza di garantire il diritto del lavoratore a difendersi adeguatamente, in base ai principi di correttezza e buona fede nel contratto di lavoro. Questa pronuncia evidenzia l’importanza di un equilibrio tra la protezione della privacy del dipendente e le esigenze di controllo del datore di lavoro, rafforzando il concetto che i controlli non devono invadere aree riservate alla libertà personale del lavoratore. La decisione della Corte rafforza, inoltre, la necessità di una chiara giustificazione dei controlli e di un uso circoscritto delle agenzie investigative