Canone Rai non pagato: ecco le modalità dei controlli di Finanza e Agenzia delle Entrate.
Il primo punto da affrontare è quello del soggetto: chi fa i controlli per stanare l’evasione dell’abbonamento tv è l’Agenzia delle Entrate. Il canone Rai non è che una normale imposta erariale, il cui soggetto titolare è lo Stato. Più in particolare, si tratta di una tassa sul possesso di un bene, la televisione, come nel caso dell’Imu per la casa. Ecco perché, al pari dell’imposta sul mattone, che va pagata a prescindere dal fatto che l’mmobile sia abitato o meno, il canone va versato anche se l’apparecchio resta spento o se viene utilizzato come monitor del computer o della consolle per videogiochi.
Solo l’Agenzia delle Entrate può fare accesso alle banche dati per verificare l’eventuale evasione del canone Rai e procedere poi alla successiva riscossione forzata tramite l’agente esattoriale. L’Agenzia delle Entrate può chiedere gli arretrati del canone Rai fino alla sua prescrizione, che scatta dopo 10 anni. Dunque, i controlli relativi a un determinato anno di imposta possono essere effettuati per i successivi 10 anni. L’eventuale richiesta di pagamento inviata entro tale termine interrompe i termini di prescrizione e li fa decorrere nuovamente da capo. Anche l’invio della cartella di pagamento interrompe nuovamente la prescrizione che riparte da zero per un altro decennio.
La principale tecnica utilizzata dall’Agenzia delle Entrate per verificare gli evasori della tassa sulla televisione, è quella di incrociare i dati presenti nelle varie banche dati disponibili e pertanto, attraverso una serie di verifiche, tra cui le varie utenze intestate e non, sarebbe possibile scovare chi ha dichiarato di non essere in possesso di una televisione. Tra le varie verifiche ci sono: l’intreccio dei dati inerenti alle doppie e fittizie intestazioni di fornitura elettrica e la presenza di contratti Pay Tv. La pena prevista per chi non ha volutamente pagato il Canone Rai, sarebbe il recupero delle tasse non pagate e l’eventuale multa. Situazione diversa per chi ha comunicato di non possedere l’apparato televisivo dichiarando il falso attraverso la prevista dichiarazione, per tale comportamento è prevista una denuncia per il reato di false dichiarazioni, oltre al recupero delle tasse non pagate.
I controlli fiscali sull’evasione del canone possono avvenire in due modi: o con controlli a campione o in tutti quei casi in cui sorgono fondati dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive. In tal caso, il confronto delle banche dati pubbliche, cui può accedere l’amministrazione finanziaria, rileverà l’anomalia e farà accendere la lucina rossa del fisco.
Per scoprire la falsa autocertificazione basta incrociare le banche dati di anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, Acquirente unico spa, ministero dell’Interno, comuni e “altri soggetti, pubblici o privati” come dice la legge. Ad esempio, le Pay tv o grandi aziende di telecomunicazioni (questi ultimi soggetti, però, in quanto privati, possono essere tenuti a rilasciare informazioni solo di fronte a un ordine dell’autorità giudiziaria).
L’incrocio dei dati, però, non potrà mai dare la certezza matematica della presenza della televisione in casa: perché una cosa è il sospetto della non veridicità dell’autocertificazione, un’altra è l’effettivo possesso della tv. Ed è solo quest’ultimo elemento che fa scattare il presupposto di imposta e, quindi, l’evasione fiscale. Come verificare, dunque, che all’interno della propria casa il contribuente, che prima ha dichiarato di non possedere apparecchi “atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive”, sia invece munito di tv?
L’unico modo è l’accesso in casa della Guardia di Finanza, che può avvenire solo a determinate condizioni di garanzia del contribuente e sempre dietro autorizzazione del procuratore della Repubblica. Il giudice, però, di norma rilascia un mandato solo in presenza di gravi indizi di evasione, come in questo caso il confronto dei dati di cui si è parlato.