Per l’accertamento della responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’Associazione non
riconosciuta, occorre tenere conto che grava su chi invoca in giudizio la responsabilità dell’agente l’onere della prova degli elementi da cui desumere la sua qualità di rappresentante e/o di gestore di tutta o di parte dell’attività dell’Associazione, grava invece sul chiamato a rispondere delle obbligazioni ex lege dare prova della sua estraneità alla gestione dell’ente.
È quanto afferma la Corte di Cassazione (Sez. V civ.) nell’ordinanza n. 3093/2021, depositata il 9 febbraio.
Il caso – La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Liguria, per la parte concernente l’interpretazione dell’art. 38 cod. civ. Sulla prova e sul riparto del suo onere – Quanto ai presupposti richiesti per la contestazione della responsabilità dei soggetti contemplati nell’art. 38 cod. civ. per le obbligazioni di natura fiscale, la C.T.R. ha affermato, in sintesi, che non è richiesta la titolarità della rappresentanza dell’Associazione, ma la prova dell’attività negoziale concretamente svolta, prova a carico di chi chiama a responsabilità l’associato o comunque la persona che per essa abbia agito; prova che nel caso di specie – secondo la C.T.R. – l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito.
È tuttavia in materia tributaria l’attenzione è stata rivolta alla natura dell’obbligazione, la cui fonte non è negoziale, ma ex lege. È stato pertanto affermato che sebbene la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 cod. civ., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale i concretamente svolta per suo conto che abbia dato luogo alla creazione di rapporti ! obbligatori fra l’ente ed i terzi, peraltro, l’operatività di tale principio in materia \ tributaria non esclude che per i debiti d’imposta, che sorgono non su base negoziale 1 ma derivano ex lege dal verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la gestione complessiva dell’associazione nel periodo di relativa investitura (cfr. 15/10/2018, n. 25650; 24/02/2020, n. 4747). Si è anzi affermato che in ragione del principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile e della fonte legale dell’obbligazione tributaria, nell’ipotesi di avvicendamento nella carica sociale di un’associazione non riconosciuta, anche per evitare strumentalizzazioni elusive, il rappresentante legale subentrante non può andare esente, ai fini fiscali, da responsabilità solidale con l’associazione soltanto per la mancata ingerenza nella pregressa gestione dell’ente, in quanto è obbligato a redigere ed a presentare la dichiarazione dei redditi e ad operare, ove necessario, le rettifiche della stessa: ne deriva che, per l’accertamento della responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta con quest’ultima, occorre tenere conto non solo della partecipazione di tale soggetto all’attività dell’ente, ma anche del corretto adempimento degli obblighi tributari incombenti sul medesimo (Cass., 23/02/2018, n. 44 78; 28/09/2018, n. 22861). È consequenziale a tale principio di diritto che gli adempimenti relativi alla presentazione della dichiarazione possano afferire ad annualità d’imposta che almeno in parte non siano comprese nel periodo in cui il rappresentante abbia partecipato alla gestione dell’ente, perché non ancora a ciò preposto, o addirittura all’intera annualità, come in ipotesi di formazione e presentazione di dichiarazione integrativa.
Le conclusioni a cui la giurisprudenza perviene nella materia fiscale, cui questo collegio intende dare continuità, comportano peraltro un’ulteriore conseguente, considerazione, incidente sulla prova e sul riparto del suo onere. Se infatti con riguardo alle obbligazioni in generale si è affermato il principio secondo cui chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività di chi i agisce in nome e nell’interesse dell’associazione, deve invece affermarsi che nelle : obbligazioni ex lege -in cui l’attenzione si sposta dalla concreta attività espletata , dall’associato ai fini dell’insorgenza della specifica obbligazione alla verifica della partecipazione e gestione dell’ente da parte del soggetto- tale onere probatorio va diversamente ripartito. Infatti grava su colui che invoca in giudizio la responsabilità dell’agente l’onere della prova degli elementi da cui desumere la sua qualità di rappresentante e/o di gestore di tutta o di parte dell’attività dell’associazione, grava invece sul chiamato a rispondere delle obbligazioni ex lege dare prova della sua estraneità alla gestione dell’ente.