Questa ordinanza della Cassazione Civile stabilisce un principio interessante riguardo all’utilizzo dei messaggi WhatsApp e degli SMS come prova documentale. In sostanza, la Corte ha confermato che i messaggi contenuti in queste applicazioni di messaggistica, conservati nella memoria di un telefono cellulare, possono essere utilizzati come prova in ambito giuridico anche se acquisiti tramite screenshot. La decisione riconosce la validità di questa forma di prova, ma con l’importante precisazione che, pur essendo ammissibile, non ha lo stesso valore legale di una scrittura privata ai sensi dell’art. 2702 c.c.
Il messaggio WhatsApp, dunque, può essere utile come prova documentale, ma il suo valore probatorio dipende dalla capacità di dimostrare la sua provenienza e attendibilità. In altre parole, bisogna essere in grado di verificarne l’autenticità e la provenienza per evitare che venga messo in discussione il suo contenuto.
Questa sentenza potrebbe avere rilevanza per molti contesti legali, soprattutto quelli che coinvolgono comunicazioni informatiche o digitali. Sarebbe interessante capire come questa decisione potrebbe influenzare altri ambiti giuridici o pratiche quotidiane, come la gestione delle prove nei procedimenti legali legati a dispute tecnologiche o contrattuali.