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Impugnare l’eredità è un atto di accettazione tacita

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Impugnare l’ eredità è un atto di accettazione tacita, questo è il principio stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23989 del 29 ottobre 2020.

Il principio formulato ritiene che, qualora i chiamati all’eredità abbiano ricevuto ed accettato la notifica di una citazione o di un ricorso per debiti del de cuius o si siano costituiti
eccependo la propria carenza di legittimazione, non siano configurabili ipotesi di accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di atti pienamente
compatibili con la volontà di non accettare l’eredità (Cass., sez. 3, 3/08/2000, n. 10197) . Qualora, invece, i chiamati all’eredità, come nel caso di specie,
abbiano impugnato un atto di accertamento emesso nei loro confronti in qualità di eredi dell’originario debitore, senza contestare l’assunzione di tale
qualità e, quindi, il difetto di titolarità passiva della pretesa, ma censurando nel merito l’accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria, deve
ritenersi che essi abbiano posto in essere un’attività che non è altrimenti giustificabile se non con la veste di erede, atteso che tale comportamento
esorbita dalla mera attività processuale conservativa del patrimonio ereditario.

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